L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Se Ignazio diviene Francesco. Il gesuita con il saio. Di Luigi Accattoli




Fondo pubblicato dal “Corriere della Sera” del 14 marzo a pagina 1 con il titolo “Il gesuita con il saio”

Il Papato lascia l’Europa e va nelle Americhe: è un evento che dice la capacità del nuovo che abita il cuore antico della Chiesa Cattolica e la pone ancora una volta sul proscenio della storia, nella stagione del rimescolamento planetario dell’umanità. Va oltre l’Atlantico e sceglie un cardinale del sub-continente americano, cioè un uomo del Sud del mondo, ora che il Sud povero sta sfidando il Nord ricco in nome dei suoi diritti e delle sue necessità.
Sono questi i primi due segni dell’elezione a Papa del cardinale Bergoglio, ma ve ne sono altri, tutti nel segno della novità, che insieme potrebbero aiutare la Chiesa di Roma a superare quel complesso dell’arretramento che sembra averla colpita lungo gli ultimi quattro decenni, a partire dalla contestazione giovanile degli anni sessanta del secolo scorso, che coincise con l’inizio del conflitto interno sull’eredità del Vaticano II.
Il terzo segno viene dall’eletto, che ha scelto di chiamarsi Francesco, un nome che racchiude un destino: nell’età di mezzo Francesco d’Assisi andò al soccorso della Chiesa di Roma in risposta alla chiamata avuta nel sogno: “Francesco ripara la mia Chiesa”; ed oggi, ottocento anni dopo l’avventura del Poverello, un Papa per la prima volta prende quel nome che è sempre restato un  programma e con ciò segnala di volerne assumere la missione che è di ritorno al Vangelo “sine glossa”, cioè senza adattamenti.
Il quarto segno è da cogliere nel ruolo che il nuovo Papa ebbe nel Conclave del 2005, quando risultò il più votato dopo Ratzinger sia al primo sia all’ultimo degli scrutini. Ricostruzioni attendibili segnalano che arrivò ad avere quaranta voti che forse non sarebbero bastati per portarlo all’elezione ma che potevano impedire l’elezione del Papa teologo.
Si dice ancora che nella pausa del pranzo Bergoglio scongiurasse i suoi sostenitori di concorrere a eleggere Ratzinger, cosa che avvenne. Otto anni dopo è l’eletto di allora a rinunciare e tocca al primo rinunciatario prendere il suo posto: una vicenda parabolica che di sicuro tiene in sé molti significati.
Come hanno fatto i cardinali a convincere ieri chi allora non volle il Papato? Bergoglio è un gesuita, il primo Papa gesuita della storia: e si sa che i Gesuiti hanno nella regola l’impegno a non accettare cariche e onori. Si dice che nell’ultima Congregazione generale Bergoglio abbia parlato di povertà e di purificazione della Chiesa dal “peccato”: forse i cardinali da quelle sue parole hanno compreso che ora l’umile argentino si sentiva pronto ad osare il Papato e a disubbidire alla regola dettata da Ignazio di Loyola, quasi a farsi da gesuita francescano.
L’uscita del Papato dall’Europa ha lo stesso segno epocale che ebbe nel 1978 l’uscita dall’Italia: allora era in questione l’assetto dell’Europa nella fase finale del confronto Est-Ovest, oggi è in questione l’assetto del mondo. Questa uscita è di buon segno perché a nessuno sfugge che le Chiese d’Europa hanno ormai troppa storia per poter guardare con occhi sgombri alla sfida dei tempi nuovi che viene dai poveri del pianeta. Proveranno forse a guardarla ora con gli occhi di Papa Francesco.

Nessun commento:

Posta un commento