L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Il Papa gesuita e l’arte del governo Bergoglio e Wojtyla, il vantaggio di conoscere l’ostilità della politica


Perché il Papa affascina il mondo? Le vesti bianche e lo splendore degli eventi nella basilica di San Pietro affondano le radici nella tradizione, rimanendo pomposi. Ma il solo sfarzo, così come in un matrimonio reale, dura tanto quanto la carrozza di Cenerentola. Il Papa attira l’attenzione del mondo in modo molto più profondo. Ci sono circa 1,2 miliardi di cattolici nel mondo al giorno d’oggi, circa il 20 per cento della popolazione mondiale. Dai tempi di Pietro, elevato al soglio pontificio al primo Conclave (dove Gesù aveva l’unico voto), la funzione del Papa è stata ben più complessa della semplice guida spirituale della sua chiesa. Egli è anche il protettore del suo gregge. Nell’omelia della sua Messa inaugurale di martedì, Papa Francesco ha detto ripetutamente che sarà “il custos, il protettore”.
In quanto protettore, il Papa deve essere uomo del mondo. In cima alla lista delle cose da fare di Papa Francesco vi è la protezione dei cristiani del medio oriente e dell’Africa dagli attacchi e dai bombardamenti degli estremisti islamici. Un Papa non può scegliere con chi desidera fare affari. “In ogni periodo della storia”, Francesco ha detto nella sua omelia, “ci sono tragicamente degli ‘Erode’ che progettano morte, distruzione, e che turbano gli equilibri fra uomini e donne”.
La scorsa settimana, i cinesi hanno rilasciato una dichiarazione nella quale si congratulavano con Francesco, chiedendo poi che rompesse le relazioni diplomatiche con Taiwan e che smettesse l’intromissione negli affari cinesi “in nome della religione”. In altre parole, che autodeportasse la sua autorità istituzionale. Ciò non accadrà.
Sono felice di avere un Papa che prende il nome da Francesco d’Assisi. Tuttavia, non vorrei lasciare alcun dubbio sul fatto che il primo Papa proveniente dai gesuiti abbia acutamente coscienza di come la superstar gesuita Francesco Saverio nel sedicesimo secolo abbia portato il cattolicesimo in India, Giappone e Cina. Quattro secoli dopo, uno storico che voglia studiare  tale sforzo, arriva dritto al punto nella prima frase della relativa voce su Wikipedia: “La storia delle missioni dei gesuiti in Cina è parte della storia delle relazioni fra Cina e il mondo occidentale”. La pratica della religione – a volte chiamata libertà di religione – è inevitabilmente una questione di politiche pubbliche. I governi possono permetterla, o sopprimerla. I cattolici che la invocavano nell’Inghilterra del sedicesimo secolo, come il gesuita Edmund Campion, furono catturati e imprigionati. Nell’Europa occidentale libera come l’aria ci siamo lasciati alle spalle questi eventi, e la sfida del Papa è quella di salvare la vita dell’anima. Ma in Iraq, in Nigeria o Cina, dove la spiritualità cristiana è molto forte, la sfida è quella fra la vita e la morte.
Il Papa ha la sua base politica. Non fatevi ingannare da storie fuorvianti che sovrastimano le fratture interne al cattolicesimo su ciò che è ammissibile lungo lo spettro del comportamento sessuale. La sfida per qualsiasi Papa del nostro tempo è di scegliere dove e come schierare tale potenza. Il successo di tali battaglie in ogni caso dipenderà da quanto questo Papa sarà in grado di far convergere gli uomini che lavorano attorno a lui sui suoi scopi.
Il biografo di Giovanni Paolo II, George Weigel, descrive in dettaglio come Karol Wojtyla, diventando Papa nel 1978, spinse l’apparato vaticano “non-muoviamo-mai-una-foglia” a creare una sfida diretta alla rivendicazione del comunismo sovietico sull’autorità morale. Ha vinto. Benedetto, dai natali tedeschi, era di un’intelligenza mirabolante, in grado di fare chiarezza sulle contraddizioni interne dell’islam moderno nella sua lezione di Ratisbona (leggete il testo, non la sua interpretazione), e fu colui che ringraziò l’Inghilterra per aver vinto la Battaglia d’Inghilterra nel 2010 a Birmingham. Ma aveva una personalità meno diretta di Giovanni Paolo, e non riuscì a guidare o rimodellare la burocrazia vaticana sulla politica estera. Tale apparato permise che venisse assestato un colpo durissimo alla reputazione del Papa, quando durante la sua visita a Cuba lo scorso anno Benedetto non incontrò le Donne in bianco, dissidenti che ogni domenica dopo la messa marciano all’Avana in favore dei loro mariti imprigionati. A Buenos Aires, il cardinale Bergoglio ne avrà sicuramente preso nota. E l’imbarazzo derivato dal collasso della curia nel gestire gli abusi sacerdotali è una ragione sufficiente per spingere Francesco ad accettare alcune dimissioni chiave all’interno della curia.
Il nuovo Papa, famoso per la sua modestia, irradia calore umano. Vorrei comunque sottolineare che Karol Wojtyla e Jorge Bergoglio ebbero in comune una cosa, prima della loro elezione al soglio pontificio, e cioè l’esperienza con un governo ostile. Date a Francesco tempo perché il suo lavoro porti dei frutti. E allora, il mondo scoprirà una presenza astuta sulla scena politica.
di Daniel Henninger
Copyright Wall Street Journal per gentile concessione di MF/Milano Finanza


Nessun commento:

Posta un commento