L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Anomalia e bellezza del Papa con il megafono più grande di sempre. Intervista a Jim Nicholson






New York. Jim Nicholson ha giurato come ambasciatore americano presso la Santa Sede due giorni dopo l’attacco alle Torri gemelle. Dopo il disbrigo delle formalità, il Papa, Giovanni Paolo II, gli ha sussurrato: “Dobbiamo fermare queste persone che uccidono nel nome di Dio”. La risolutezza senza orpelli di quell’uomo che aveva combattuto il regime sovietico brandendo la saggezza universale della chiesa e le arti della diplomazia secolare si è conficcata nel cuore di Nicholson, che conversando con il Foglio ricorda l’episodio per mostrare la discontinuità stilistica di Francesco rispetto ai suoi predecessori. “E’ un uomo genuino, portatore di un modello di semplicità e umiltà che permeerà tutta la chiesa”, dice Nicholson, che prima degli anni alla Santa Sede è stato capo del Partito repubblicano e che George W. Bush ha poi nominato segretario dei Veterani. La discontinuità rispetto all’atleta di Cristo e al magnifico professore Benedetto XVI è, appunto, nello stile, nella scelta delle parole, nella distribuzione degli accenti, nella diminutio dell’aspetto monarchico del papato, aspetti che Nicholson accoglie con grande interesse “perché rappresentano un modello di leadership credibile anche per la gerarchia americana. Non solo: sono certo che anche il rapporto con il potere politico sarà edificato dallo stile di Francesco”.
Per spiegare le sue impressioni dopo la prima settimana di pontificato, Nicholson usa la parola “bellezza”, categoria poco frequentata dagli esegeti del papato che hanno fretta di farne il Papa ambientalista, pauperista, riformista e così via: “Francesco sottolinea la bellezza del cristianesimo. Mostra, anzi esemplifica, che la vita cristiana è una vita trasformata, che il centro del mondo non è lui stesso, non è il cerimoniale, ma è Cristo. Non è un dato scollegato dalla sua missione e dal suo ruolo, anche politico, perché avere negli occhi la bellezza del cristianesimo è l’unico modo per dare battaglia al secolarismo. Quando insiste sui poveri è chiaro che non intende soltanto il senso materiale, ma parla della povertà spirituale, del contrasto fra la bellezza di un mondo fondato su Cristo e di un amorfo e areligioso ‘fai quello che senti’, il surrogato della religione”.
Francesco è “un’anomalia”, dice Nicholson, “e non soltanto perché è un gesuita che si chiama Francesco, ma anche perché è ligio sull’ortodossia, un conservatore diremmo qui, e allo stesso tempo parla un linguaggio che fa breccia anche in chi non crede. Mi aspetto che non faccia compromessi e che riaffermi la sacralità della vita e del matrimonio, come del resto ha fatto per tantissimi anni con una forza impressionante. E allo stesso tempo credo che la sua personalità possa far arrivare il messaggio a tutti. Capisco che è una dichiarazione forte dopo i papi immensi che abbiamo avuto, ma credo che Francesco abbia a disposizione il megafono morale più grande di sempre”. Per i cattolici progressisti che a sentire di povertà e tenerezza sono saliti sul carro di Francesco – Joe Biden e Nancy Pelosi si sono accostati alla comunione durante la messa inaugurale, nonostante abbiano negoziato qualunque valore non negoziabile – Nicholson prevede delusioni cocenti. Ma anche la possibilità di essere avvinti dall’ortodossa bellezza della chiesa di Francesco.
Il Foglio 22 marzo 2013

Nessun commento:

Posta un commento