L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Agnello povero in vista. Intervista a Paolo Prodi





Sul carro del vincitore Francesco sono già saliti tutti, non c’è posto neanche in piedi.Molti vaticanisti e osservatori di cose religiose ostentano un’euforia imbarazzante, anche perché fino alle sette di sera del 13 marzo erano affaccendati ad apparecchiare uno scenario completamente diverso. Niente di grave, succede sempre così. Ma a questo punto è meglio dare retta a chi, con lo sguardo lungo dello storico, aveva già posto da un pezzo le questioni di fondo sul papato e la chiesa e ora in Bergoglio vede una risposta promettente. “Il suo esordio è stato formidabile – ci dice Paolo Prodi – ha rotto i vecchi schemi, tradizionalisti contro progressisti, e in pochi giorni ha detto e fatto cose memorabili. Si sta davvero aprendo una porta. Ma è stato forte anche nelle omissioni: il cerimoniale ridotto all’osso, lo stile sobrio, come pure la mancata benedizione finale all’udienza dei giornalisti. E ha saltato pure la tiritera infinita dei saluti in tutte le lingue, all’Angelus…”.
Prodi è rimasto colpito dal motto del nuovo Papa, lo stesso che aveva adottato da vescovo. “Miserando atque eligendo” è tratto da un’omelia di Beda il Venerabile e si riferisce al brano evangelico della chiamata di Matteo, un pubblicano a cui il Maestro, “provandone compassione e scegliendolo”, chiese di seguirlo. “Di bontà, misericordia e tenerezza abbiamo già sentito molto. In questo Papa c’è sì un’apertura totale, il miserando, ma adesso dovrà emergere l’eligendo e cioè la scelta positiva”, osserva lo storico dell’Università di Bologna. Il tema della scelta è tipicamente ignaziano. Negli “Esercizi spirituali” uno degli snodi cruciali è la meditazione delle due bandiere, “l’una di Cristo sommo capitano e Signore nostro, l’altra di Lucifero mortale nemico della nostra umana natura”.
C’è da scegliere sotto quale bandiera stare, e il gesuita Francesco in questi pochi giorni ha già fatto capire benissimo che misericordia e tenerezza non sono merce in saldo ma insegne degli uomini forti, di chi fa presa sulla vita. In particolare, ricorda Prodi, “per il papa l’eligendo si traduce in virtù di governo. Vedremo quindi quali nomine farà, ma soprattutto come modificherà la struttura. Forse non eliminerà subito la segreteria di stato ma potrebbe creare un’équipe permanente in cui siano rappresentate le chiese locali. In ogni caso lo spostamento dell’asse mi pare ben visibile: dal rapporto del sovrano Pontefice con gli stati al rapporto tra Roma prima sedes e le chiese sorelle. E quindi gli stessi sinodi dei vescovi e le conferenze episcopali potranno avere sviluppi che dopo il Vaticano II si sono solo intravisti. Certo, ci vorrà del tempo: sono strutture che non cambiano in una settimana. In ogni caso, anche nell’omelia della messa di inizio del ministero petrino Francesco si è rivolto ai capi di stato non come ai potenti ma come a ‘coloro che occupano ruoli di responsabilità’. Un altro spostamento significativo”.
In effetti Bergoglio non dice neanche una parola a caso, gliene bastano poche ma ben pesate per farsi ascoltare. Nella stessa omelia ha parlato del potere che riguarda anche il “vescovo di Roma, successore di Pietro”, per ricordare che in termini evangelici “il vero potere è il servizio”. D’altronde ai giornalisti, sabato scorso, aveva detto che “la chiesa, pur essendo certamente anche un’istituzione umana, storica, con tutto quello che comporta, non ha una natura politica, ma essenzialmente spirituale”. “La chiesa non è politica ma è immersa nella storia – conviene Prodi – e la sua missione è la salvezza. Finalmente con un Papa così si rimette al centro il tema della salvezza e dunque del peccato come disobbedienza a Dio, questo è il cuore della predicazione della chiesa, dopo anni in cui gli ecclesiastici sembravano più preoccupati del reato come disobbedienza alla legge positiva, alla legge degli uomini”. Sembra dunque al tramonto la stagione dei valori (che ognuno usa per giustificare ciò che afferma e tradurlo in politica). “I laici di casa nostra troveranno comunque reazionario questo Papa perché si dimostrerà estremamente fermo nella testimonianza di fede, anche se ha già dato prova di riconoscimento di tutte le posizioni e dei diritti di ciascuno. Al centro del suo annuncio ha messo la croce di Cristo ma senza tristezza né pessimismo. Perciò credo sia difficilissimo tornare alla dominanza dogmatica di Ratzinger o ai discorsi oceanici di Wojtyla”.
Il cardinale Bergoglio ha scelto un nome, Francesco, che riaccende la dialettica tra istituzione e profezia. E’ quindi capace di scelte forti. Magari tornerà a risiedere in Laterano invece che restare nel Palazzo apostolico. “Se è per questo dorme ancora a Santa Marta – risponde Prodi – Comunque anch’io alla fine del mio saggio ‘Il paradigma tridentino’ dicevo che il Laterano non può restare un reperto archeologico ma dovrebbe ridiventare anche simbolicamente la sede del vescovo di Roma”. In effetti fin da subito Bergoglio si è presentato così, come il vescovo di Roma, né più né meno. Il tempo del Papa re è davvero finito. Proprio Paolo Prodi in un celebre saggio ha mostrato come il sovrano pontefice fosse stato, all’inizio dell’epoca moderna, un prototipo per gli stati nazionali. E se oggi con il suo stile innovativo Francesco indicasse la via alle altre istituzioni? E se dopo essere stato un fattore di modernità (solo vecchi arnesi ideologici possono ancora sostenere il contrario) il papato diventasse un fattore di postmodernità? “Perché no? – risponde lo storico di Bologna – Non userò una parola stupida come glocal ma certo oggi non c’è più una contrapposizione netta tra universale e globale: con gli stati nazionali al tramonto c’è da inventare un altro tipo di mediazione con i popoli di cultura cristiana, senza contare i rapporti con le civiltà appartenenti ad altre culture”. A questo riguardo, sulle frontiere calde del cristianesimo, ovvero India e Cina, pare perfetto un gesuita come Bergoglio, sulle orme di Francesco Saverio e di Matteo Ricci.
Eppure la scelta dei cardinali rimane sorprendente. Molti pensavano fosse maturo il tempo di un Papa espressione di qualcuno dei potenti movimenti ecclesiali nati dopo il Concilio. “E invece nel momento del bisogno è emerso un ordine classico, nato agli inizi della modernità, come la Compagnia di Gesù – sottolinea Prodi – I movimenti sono rimasti troppo invischiati nelle dinamiche di potere senza riuscire ad esprimere una identità spirituale forte come avevano invece i vecchi ordini. E la mancanza di senso storico ha accecato i vaticanisti che non sono riusciti a cogliere una linea di tendenza che si andava delineando da tempo, che è emersa con le dimissioni di Benedetto XVI e che ha preso forma non appena si è aperto il Conclave, con quel voto subito massiccio a favore di Bergoglio”.

Il Foglio 21 marzo 2013


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