L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Nato per fare il Papa



“Papa Francesco, coraggio. Rilancia la fede, Dio è con te”. Il piccolo cartello fatto in casa, con la parola “fede” ben evidenziata in giallo, è un buon riassunto dell’aria che si respira a piazza san Pietro, nel giorno dedicato a san Giuseppe. Un giorno che sarà ricordato, da ora in poi, come l’inizio del ministero petrino di Jorge Mario Bergoglio, il Papa che volle chiamarsi Francesco ed essere soprattutto il vescovo di Roma. La quale, riconoscente, si è comportata benissimo e non ha fatto nemmeno un po’ la stupida, durante l’intera cerimonia di insediamento del nuovo Pontefice. Una mattina di cielo sereno, nuvolette decorative, sole e vento quanto basta per le bandiere. “Di Papa Francesco mi sono innamorata a prima vista”, dichiara una donna di Caserta che fa pazientemente la fila ai controlli, prima di entrare in piazza. Trent’anni, è voluta venire a Roma con la sorella e il cognato per festeggiare “perché abbiamo bisogno di semplicità e umiltà e questo Papa dimostra di sapere che cosa significa essere umili e semplici”.
Semplicità, umiltà, umanità, simpatia: se ci fossero stati ancora dubbi, e in realtà non ce ne erano molti, è bastato il ripetuto giro della piazza fatto dal Papa sulla macchina scoperta, incontro alla folla, per convincere i già convinti “che questo è uno di noi”, come dice sorridendo una piccola signora di settant’anni. Nata a Roma, ci tiene a precisare, di Conclavi ne ricorda una mezza dozzina, “ma è la prima volta che partecipo alla cerimonia di inaugurazione di un papato. Perché? Ma perché ho pensato che per un uomo così comunicativo, così privo di superbia, valeva la pena essere qui”. Nancy, quarant’anni, argentina, è a san Pietro con il marito, il più piccolo dei suoi tre figli e la bandiera del suo paese. E’ orgogliosa per il connazionale diventato vescovo di Roma, “lo conosciamo molto bene per la sua incredibile umanità, perché è un cristiano che pensa ai poveri, che ama il prossimo. Un padre, insomma”. Brendan, venticinque anni, irlandese di Cork, segue sul libretto tutta la messa e si capisce, per come annuisce e si trattiene, che gli piacerebbe applaudire certi passi dell’omelia. E non si può.
Alla fine, Brendan dice che quando “Papa Francesco invita a custodire se stessi, dice qualcosa di vero e profondo, perché dice che dobbiamo curarci del bene che è in noi”. Una giovane coppia di Marsiglia è arrivata con tre bambini piccolissimi al seguito. Uno gattona sul selciato, l’altra dorme in carrozzina, la più grande – quattro anni – sbadiglia appoggiata alla madre: “E’ il Papa dei poveri”, dice il marito, e non vuole aggiungere altro, quando gli chiediamo che cosa pensa di Papa Bergoglio. “Speriamo che porti qualcosa di nuovo in questi tempi barbari”, commenta un elegante signore di mezza età, anche lui romano, che non vede l’ora di dire la sua: “Mi aspetto che sia amorevole e misericordioso, e il nome che si è scelto promette bene. Trasferire la sede a San Giovanni? Perché no? Ma da san Pietro, da San Giovanni o dal Polo nord, vorrei che strigliasse i potenti. Il potere è servizio, ha detto nell’omelia, e lui forse potrà dare il buon esempio. Ma da quanto tempo vediamo solo potere al servizio del potere?”.
Nel grande spazio della piazza vaticana (spazio geniale, perché la sua forma leggermente rialzata, a mano a mano che ci si allontana dalla basilica e ci si avvicina al perimetro chiuso del colonnato, permette anche ai più lontani di seguire quello che avviene sul sagrato) sembra che si raccolgano, come acqua piovana in un catino, preghiere e voti per un nuovo inizio. Tre frati giovani, piedi scalzi nei sandali e testa coperta dal cappuccio, si inginocchiano all’offertorio. Accanto, un signore in cravatta fa la stessa cosa. Accade qualcosa di molto antico e di ogni volta nuovo, e per un attimo i lavori in corso coperti dai teloni nella parte destra del colonnato del Bernini sembrano alludere a ben altri lavori in corso, dei quali c’è molta voglia di fidarsi. La messa è finita, è il momento delle foto ricordo. Un gruppo di cinesi, una cinquantina di persone, si stringe sorridendo attorno a un sacerdote. “Papa Francesco, coraggio. Rilancia la fede, Dio è con te”. Ripassa il cartello di incoraggiamento. Ma l’ultima parola la lasciamo al popolo romano, abituato a trattare il proprio vescovo con la confidenza riservata al vicino di casa: “Francesco? Me pare proprio nato pe’ fa’ il Papa”. 


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