L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


«Che allegria c’è?». L’Innominato del Manzoni spiegato da papa Francesco




Stavamo camminando. E conoscendo un po’ la sua sensibilità letteraria gli chiesi quali fossero gli autori italiani che amava di più». Su Avvenire di ieri un bell’editoriale di Stefania Falasca, giornalista amica di papa Bergoglio, racconta i gusti letterari del nuovo Pontefice, scoperti qualche anno fa camminando per le vie di Roma: «Mi rispose subito d’istinto: “Alessandro Manzoni. Le pagine dei Promessi Sposi le ho lette e rilette tante volte. Soprattutto i capitoli in cui si parla del cardinale Federigo Borromeo, le pagine dove viene descritto l’incontro con l’Innominato. (…) Sono le pagine in cui si descrive l’Innominato nel momento immediatamente precedente alla sua conversione, quando, dopo una notte vissuta nel tormento, dalla finestra della sua stanza sente uno scampanare a festa, e di lì a poco, sente un altro scampanio più vicino, poi un altro: ‘Che allegria c’è? Cos’hanno di bello tutti costoro?’. Saltò fuori da quel covile di pruni e, vestitosi, corse ad aprire una finestra e guardò. Al chiarore che pure andava a poco a poco crescendo si distingueva nella strada in fondo alla valle gente che passava, altra che usciva dalle case e s’avvivava, tutti dalla stessa parte, e con un’alacrità straordinaria. ‘Che diavolo hanno costoro? Che c’è d’allegro in quel maledetto paese? Dove va tutta quella canaglia?’. Erano uomini, donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli: e andavano tutti insieme come amici a un viaggio convenuto. Gli atti indicavano una fretta e una gioia comune. Guardava, guardava e gli cresceva in cuore una più che curiosità di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa. ‘Cos’ha quest’uomo? E perché deve venire?’ si chiedeva l’Innominato».

«“E poi – mi diceva padre Bergoglio – c’è l’incontro tra i due. Il cardinale Federigo gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno e con le braccia aperte come a persona desiderata: e infine l’Innominato, come vinto da quell’impeto di carità, si abbandona a quell’abbraccio e c’è quel silenzio tra i due… un silenzio più eloquente di mille parole, l’uno di fronte all’altro… il misero e la misericordia”. Padre Bergoglio parlava piano, mentre camminavamo nel centro di Roma, la città di cui ora è diventato vescovo. E ripeteva le parole del Manzoni mandate a memoria, con quel suo modo lieve e insieme incisivo di dire».

«Proprio questo mi è tornato in mente quando con sorpresa l’ho visto affacciarsi dalla loggia centrale di San Pietro, dopo l’elezione che l’ha fatto diventare Papa Francesco. Una delle immagini che resteranno scritte negli occhi e nel cuore di credenti e non credenti è quella di quest’uomo, successore di Pietro, che affacciandosi dal balcone della Basilica vaticana si china verso la folla venuta per vederlo. Si china, chiedendo a ciascuno in silenzio una preghiera, confessando il bisogno dell’amore e della misericordia di Dio al pari degli altri uomini»

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