L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Quel dialogo tra il (futuro) Papa e il rabbino





di Matteo Crimella, biblista
Don Matteo Crimella racconta il libro «Sobre el cielo y la tierra», scritto a quattro mani dall'allora arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio e dal rabbino Skorka


Fra i molti doni che il Signore mi ha fatto uno spicca su tutti: sono vissuto per ben sei anni a Gerusalemme, chino sui testi dell'Antico e del Nuovo Testamento, osservando e misurando coi miei occhi ogni pietra della città santa. Per una persona curiosa e appassionata di libri, Gerusalemme è un paradiso: ci sono luoghi (spesso semplici scantinati molto disordinati) dove si trova ogni bendidio, in tutte le lingue del mondo. Negli anni in cui vivevo nella città santa mi concedevo la soddisfazione di una visita ai bookshop, senza mai essere deluso. L'estate scorsa il libraio (un sorridente ebreo di origine polacca) mi informò che avevano appena svuotato l'appartamento di un professore di lingua spagnola. Scesi nel grande magazzino e guardai incuriosito ma trovai solo un volume che mi interessava, Sobre el cielo y la tierra, scritto a quattro mani dall'arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio e dal rabbino capo di quella città, Skorka (Jorge Bergoglio y Abraham Skorka, Sobre el cielo y la tierra, Editorial Sudamericana, Buenos Aires 2010, pp. 220). Guardai l'indice, lessi la quarta di copertina scoprendo che l'uno e l'altro avevano studiato chimica, scorsi il primo capitolo intitolato «Sobre Dios» e decisi di acquistarlo. Mercoledì sera, dopo l'habemus papam, sono andato a ripescarlo nella mia biblioteca e l'ho letto d'un fiato.
Il volume raccoglie i dialoghi avvenuti fra il cardinale e il rabbino a proposito di vari temi: Dio, gli atei, le religioni e il loro futuro, i discepoli, la preghiera, il peccato, la morte, la donna, l'aborto, l'educazione, la politica, il denaro, la Shoà, il dialogo interreligioso, per un totale di ventinove brevi capitoletti nei quali i due discutono. Nell'introduzione il rabbino afferma: «Il dialogo è un esercizio nel quale l'anima dell'uno si riflette nell'anima dell'altro». Inoltre, evocando un bassorilievo sul timpano della cattedrale metropolitana di Buenos Aires che rappresenta l'abbraccio di Giuseppe viceré d'Egitto coi suoi fratelli, il capo della comunità ebraica ribadisce il valore della «cultura dell'incontro». Di fatto nel dialogo ciascuno è se stesso, il cardinale con la sua identità cattolica e il rabbino con quella ebraica, ma insieme si confrontano e si arricchiscono vicendevolmente.
Che cosa emerge? Bergoglio parla di sé, del suo incontro con Dio. L'uomo non nasconde di aver compiuto un itinerario, segnato da luci e ombre, passando da consolazioni e desolazioni (secondo un linguaggio tipicamente ignaziano e dunque gesuitico). Afferma: «La mia esperienza di Dio è nel cammino e nella ricerca, nel lasciarmi cercare». A partire da questa esperienza così intensamente personale, Bergoglio guarda il mondo. A proposito degli atei dice: «Quando mi incontro con persone atee, condivido le questioni umane ma non pongo loro in un primo momento il problema di Dio, eccetto che siano loro stesse a porlo a me. Se è necessario dico loro perché credo. L'umano è così ricco da condividere, che tranquillamente possiamo mettere in comune reciprocamente le nostre ricchezze. Dal momento che io sono credente, so che quelle ricchezze sono un dono di Dio». Skorka, rifacendosi al pensiero di Maimonide, gli fa eco affermando: «Noi possiamo conoscere alcune formule [per dire Dio], ma non la sua essenza». Bergoglio continua: «Credo che chi adori Dio abbia, a partire dalla sua esperienza, il compito di realizzare la giustizia con i suoi fratelli. Si tratta di una giustizia molto creativa perché deve inventare: l'educazione, la promozione sociale, l'impegno, la cura degli altri, etc. Proprio per questo l'uomo religioso è chiamato un uomo giusto. In questo senso la giustizia crea cultura. Non è la stessa cultura quella di un idolatra e quella di una donna o di un uomo che adorano il Dio vivo. Oggi, per esempio, abbiamo culture idolatre nella nostra società: il consumismo, il relativismo e l'edonismo».
La centralità del mistero di Dio e della relazione con lui emerge allorché il cardinale riflette sui capi religiosi: «I grandi capi del popolo di Dio furono uomini che lasciarono spazio al dubbio. Mosè era l'uomo più umile che ci fosse sulla terra. Davanti a Dio non conta che l'umiltà e questo richiede ai capi religiosi di dar spazio a Dio, di aver a che fare con l'esperienza interiore dell'oscurità, del non sapere che cosa fare. Una delle caratteristiche di un cattivo capo è di essere eccessivamente autoritario a motivo della sicurezza che ripone in se stesso». Il rabbino gli fa eco senza alcun problema: «La stessa fede [ebraica] si manifesta per mezzo di un certo sentimento di dubbio. Posso avere il 99,99 per certo di certezza su Dio ma non il 100 per cento, perché si vive cercando».
Bergoglio dimostra di essere un uomo molto aperto, ma insieme di avere le idee chiare sulla Chiesa. Egli prende fortemente le distanze da chi vorrebbe ridurla ad un'agenzia sociale: «Ritengo che una congregazione religiosa non può essere assimilata ad una ONG. La differenza è la santità: in una ONG la parola santità non entra. V'è un comportamento sociale adeguato, v'è onestà, vi sono idee su come adempiere un compito, v'è una logica politica. La cosa funziona laicamente. Ma nella religione la santità è ineludibile per i suoi capi».
Molti sono i riferimenti all'esperienza pastorale dell'arcivescovo di Buenos Aires. A proposito della formazione dei candidati al sacerdozio il cardinale ricorda le scelte compiute nella sua diocesi, ma il pensiero si spinge anche oltre: «Noi accettiamo in seminario, solo circa il 40 per cento di coloro che lo domandano. Esiste per esempio un fenomeno psicologico: patologie o neurosi di persone che cercano sicurezze esterne. Alcuni che non riescono a realizzarsi nell'esistenza cercano corporazioni che li proteggano. Una di queste corporazioni è il clero. Stiamo dunque con gli occhi aperti, cerchiamo di conoscere bene le persone che dimostrano interesse per il sacerdozio. Poi per un intero anno, la convivenza di ogni fine settimana, permette di discernere fra chi ha la vocazione e chi semplicemente cerca un rifugio o si sbaglia nella percezione della chiamata di Dio».
Uno dei punti più toccanti del dialogo è quando rabbino e vescovo toccano il tema della preghiera. «La preghiera deve servire per unificare il popolo: è un momento nel quale tutti diciamo esattamente le stesse parole»: così il rabbino Skorka inizia il suo discorso su una realtà tanto personale che è difficile discuterne pubblicamente, forse addirittura articolare qualche parola. Bergoglio è in sintonia: «Pregare è un atto di libertà». E continua: «La preghiera è parlare e ascoltare. Vi sono momenti che sono di profondo silenzio, di adorazione, aspettando che il tempo passi». Poi cita l'esempio di Abramo che intercede per Sodoma e Gomorra e di Mosè che prega per il popolo.
Sui tradizionalisti (i lefebvriani hanno in Argentina un seminario e alcune chiese) il giudizio di Bergoglio è netto: definisce i «piccoli gruppuscoli di tradizionalisti» dei «fondamentalisti» e aggiunge: «Questo tipo di religiosità, molto rigida, si maschera dietro dottrine che pretendono di offrire giustificazioni, in realtà privano della libertà e non lasciano crescere la gente. In molti casi essa ha esito in una doppia vita».
Quando il discorso affronta le grandi ideologie del secolo XX il cardinale è esplicito: «Il cristianesimo condanna con la stessa forza sia il comunismo come il capitalismo selvaggio. Un esempio chiaro è quanto accade col denaro che viene trasferito all'estero. Il denaro ha una patria e chi prende la ricchezza che è prodotta in un Paese per portarla altrove fa peccato, in quanto non onora il Paese che produce quella ricchezza e il popolo che lavora per generarla». E aggiunge, a proposito del riciclaggio proveniente dal traffico di stupefacenti: «Il denaro macchiato di sangue non si può accettare». Significativo è il passaggio a proposito della ricchezza della Chiesa: «Si parla sempre della ricchezza del Vaticano. Una religione necessita del denaro per mantenere le sue opere e se esso passa attraverso istituzioni bancarie questo non è illecito. Il denaro che entra nelle casse del Vaticano va spesso per i lebbrosari, per le scuole, per le comunità africane, asiatiche, americane». Poi però, ricordando il martirio di San Lorenzo e la sua difesa dei poveri di Roma, afferma: «I poveri sono il tesoro della Chiesa e dobbiamo prendercene cura; se non abbiamo questa visione, costruiremo una Chiesa mediocre, tiepida, senza forza».
Il dialogo fra un rabbino e un cardinale non poteva non toccare le relazioni fra ebrei e cristiani e la tragedia della Shoà. A questo proposito Bergoglio ribadisce la dottrina del Vaticano II: «Non si può assolutamente parlare di popolo deicida». Poi, però, con estrema franchezza, ammette che in Argentina vi sono alcuni ecclesiastici antisemiti; tuttavia dichiara risoluto: «Oggi la politica della Chiesa argentina è chiara: dialogo interreligioso».
Circa il futuro delle religioni lo sguardo prospettico affonda le radici nella storia: «Se uno guarda la storia, le forme religiose del cattolicesimo sono variate notevolmente. Pensiamo, per esempio, allo Stato pontificio, dove il potere temporale era unito al potere spirituale. Era una deformazione del cristianesimo e non corrispondeva a quanto Gesù ha richiesto. Se dunque nella storia v'è stata una così grande evoluzione, possiamo pensare che in futuro la Chiesa si adeguerà alla cultura del suo tempo. Il dialogo fra religione e cultura è una delle chiavi del Concilio Vaticano II. Un altro principio della Chiesa è la continua conversione - Ecclesia semper reformanda - e la sua trasformazione assume differenti forme nel tempo, senza alterare il dogma».
Non mancano nel volume aneddoti e battute. A proposito, per esempio, dell'uso o meno della veste talare da parte dei sacerdoti (la cui dismissione a parere di Messori è uno dei maggiori problemi della Chiesa attuale) Bergoglio cita un suo dialogo con un giovane prete a cui ha detto: «Il problema non è se la indossi o meno, ma se ti rimbocchi le maniche per lavorare per gli altri».
A fronte di parole così chiare, quelle che finora ha pronunciato come vescovo di Roma non sono una sorpresa!

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