L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





MAGISTERO


Il rabbino e il cardinale . Diario di un'amicizia. di Abraham Skorka






In una nostra traduzione pubblichiamo il prologo al libro di Sergio Rubín e Francesca Ambrogetti El jesuita. Conversaciones con el cardenal Jorge Bergoglio, sj (Buenos Aires, Vergara, 2010), mentre il libro del rabbino prefato dal cardinale Bergoglio a cui fa riferimento il testo è ¿Hacia un mañana sin fe? (Buenos Aires, Longseller, 2006).

di Abraham Skorka

A mia conoscenza, deve essere la prima volta in duemila anni di storia che un rabbino scrive il prologo a un testo che raccoglie i pensieri di un sacerdote cattolico. Fatto che assume ancora più importanza quando questo sacerdote è l'arcivescovo di Buenos Aires, primate dell'Argentina e cardinale creato da Giovanni Paolo ii. La stessa frase con la quale si aprono queste riflessioni, ma cambiando l'ordine dei nomi e dei rispettivi titoli, l'ho scritta nel 2006 per la presentazione di un mio libro con prologo del cardinale Bergoglio. Non si tratta di uno scambio di gentilezze, ma di una testimonianza sincera ed esatta di un profondo dialogo tra due amici per i quali la ricerca di Dio e della dimensione di spiritualità che sta al fondo di ogni essere umano è stata ed è una preoccupazione costante nelle loro vite.
Il dialogo tra le religioni, che ha assunto un'importanza speciale a partire dal concilio Vaticano ii, inizia di solito con una fase di incontri e simpatia, per passare in seguito a quella del dialogo che sa accostare i temi più spigolosi. Con Bergoglio non ci sono state fasi. L'avvicinamento è iniziato con uno scambio di "acide" battute sulle squadre di calcio per le quali tifiamo, per passare immediatamente dopo alla franchezza del dialogo che conosce la sincerità e il rispetto. Ognuno esprimeva all'altro la sua visione particolare sui molteplici temi che danno forma alla vita. Non ci sono stati calcoli né eufemismi, ma concetti chiari e diretti. L'uno ha aperto il suo cuore all'altro, così come il Midrash definisce la vera amicizia (cfr. Sifre Devarim, piska 305). Possiamo essere in disaccordo, ma sempre l'uno si sforza per capire il sentimento profondo e il pensiero dell'altro. E con tutto quello che emerge dai nostri valori comuni, quelli che sorgono dai testi profetici, c'è un impegno che ha saputo plasmarsi in molteplici azioni. Al di là delle interpretazioni e delle critiche che altri abbiano potuto fare, abbiamo camminato insieme con la nostra verità, con la convinzione comune che i circoli viziosi che degradano la condizione umana possono essere frantumati. Con la fiducia che la direzione della storia può e deve essere cambiata, che la visione biblica di un mondo redento, descritto dai profeti, non è una mera utopia, ma una realtà a cui si può arrivare. Che c'è solo bisogno di gente impegnata per realizzarla.
Questo libro è la testimonianza di vita di Bergoglio - e preferisco intitolarlo Il pastore piuttosto che Il gesuita - che affida ai molti con i quali ha condiviso la sua parabola esistenziale e specialmente al suo gregge. Il lettore vi troverà, più volte, le espressioni: "Ho peccato, mi sono sbagliato, proprio questi sono stati i miei difetti, il tempo, la vita mi hanno insegnato". Anche nei temi spigolosi che riguardano la realtà argentina, il comportamento della Chiesa negli anni bui e le sue stesse azioni, il lettore percepirà il racconto esposto con umiltà e lo sforzo costante di capire e sentire il prossimo, specialmente chi soffre. Ci sarà chi non sarà d'accordo con le sue valutazioni, ma al di là di ogni plausibile critica tutti saranno d'accordo con lo spirito di umiltà e comprensione con il quale affronta ciascuno dei temi.
La preoccupazione di Bergoglio, che attraversa come un leitmotiv tutto il libro, può essere definita con due parole: incontro e unità. Intendendo quest'ultimo come uno stato di armonia tra gli uomini, nel quale ciascuno a partire dalla sua peculiarità contribuisce alla crescita materiale e spirituale dell'altro, ispirato da un sentimento di amore.
Bergoglio, seguendo il testo biblico, pone come base delle sue riflessioni la parola "amore", che ci rimanda, tra gli altri versetti biblici, ai seguenti: "Amerai il Signore, tuo Dio" (Deuteronomio, 6, 5), "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (Levitico, 19, 18), "Amerai lo straniero come te stesso" (Levitico, 19, 34). Ritenuti da Rabbi Akiba (cfr. Bereshit Rabbah, parashah 24) sintesi di tutti gli insegnamenti della Torah, e citati in questo senso da Gesù secondo i vangeli (cfr. Matteo, 22, 34-40; Luca, 10, 25-28). È la parola che esprime il più elevato sentimento dell'uomo, che è per Bergoglio fonte di ispirazione per realizzare le sue azioni e confermare il suo messaggio.
Il lettore troverà in questo testo la visione del cardinale dei problemi che deve affrontare oggi la Chiesa cattolica, specificando senza alcuna riserva e con un chiaro linguaggio critico le sue mancanze. Ugualmente vi si ritrovano gli interventi del cardinale per il recupero dei valori nel nostro ambiente, parole che lo hanno portato a far fronte a situazioni complesse con alcune autorità governative che non hanno saputo metterle in relazione con i messaggi di critica sociopolitica di cui i profeti erano soliti farsi portatori nel loro tempo. Il maestro nella fede, secondo la visione biblica del mondo, deve esprimere la sua critica nei confronti di tutti i membri della società dove predica, dalla tribuna dello spirito, che è lontana da ogni interesse di parte. Le mancanze sociali che ha potuto percepire attraverso il suo incontro con Dio non possono restare nel silenzio del suo essere, come ha scritto il profeta: "Il Signore Dio ha parlato, chi non deve profetizzare?" (Amos, 3, 8).
Nella mia infanzia, mio padre, un immigrato nato in Polonia, era solito portare mio fratello e me a visitare i luoghi della storia patria. All'uscita dal Cabildo ci faceva osservare l'immagine che si trova sulla facciata della cattedrale. Rappresenta l'incontro di Giuseppe con i suoi fratelli, ci diceva. Io avevo sentito notizie degli episodi di antisemitismo che avevano sopportato i miei antenati in Polonia, e per questo quell'immagine, che spiccava su una chiesa, mi riempì di speranza. Verrà un giorno, pensai, in cui ognuno riconoscerà la sua fratellanza con il prossimo.
Vedo in questo libro e in molti episodi di cui dà conto, un tributo a quella speranza, che condividiamo come fratelli da molti anni, che ha arricchito la nostra spiritualità e sicuramente ci ha avvicinato a colui che ha insufflato l'alito di vita in ogni essere umano.


(©L'Osservatore Romano 18-19 marzo 2013)



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