L’uomo e la donna che vogliono vivere il loro battesimo devono andare verso le periferie, verso le periferie geografiche, le periferie culturali, le periferie esistenziali, devono andare con questa proposta evangelica... vivere in questa tensione, una tensione tra l'interiorità dell’incontro con Gesù che vi spinge verso fuori e pone tutto in questione, tra un andare e un tornare continuo.





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Omelie del card. Bergoglio: vicinanza di Dio, clericalismo ipocrita e mondanità spirituale





Nelle riflessioni dell’arcivescovo di Buenos Aires, cardinale Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco, ritornava il tema dell’essere vicino ai lontani. “Sì alla vicinanza”, “no al clericalismo ipocrita” e “alla mondanità spirituale”, affermava nell’omelia per la Messa di chiusura dell’Incontro 2012 della Pastorale Urbana della Regione di Buenos Aires, che si è tenuta il 2 settembre scorso nella capitale argentina. Il servizio di Debora Donnini: 

Gesù che va a curare la figlia di Giairo, il cieco di Gerico, i 10 lebbrosi. Sono alcuni episodi del Vangelo che il cardinale Bergoglio ripercorreva per mostrare visivamente come Gesù si facesse vicino alle persone. Il nostro Dio è un Dio vicino, il “Dio dell’incontro”, che già iniziava a camminare con il suo popolo, ma che addirittura si è fatto uno del suo popolo in Gesù Cristo. Gesù, ricorda, non fece “proselitismo”, ma accompagnò e da questo atteggiamento scaturivano le conversioni. Con la vicinanza “crea questa cultura dell’incontro che ci fa fratelli, che ci fa figli e non soci di una ong o proseliti di una multinazionale”.

Il primo dei tre pilastri per il porporato è dunque la vicinanza. La seconda parola su cui si soffermava nell’omelia è “ipocrisia”. Nella Messa al termine dell’Incontro 2012 della Pastorale Urbana della Regione di Buenos Aires, il cardinale Bergoglio ricordava che Gesù mangiava con i peccatori e a chi si scandalizzava diceva che i pubblicani e le prostitute li avrebbero preceduti nel Regno dei Cieli. “Sono quelli che hanno clericalizzato – per usare una parola che si intenda – la Chiesa del Signore”, diceva, la riempiono di precetti. “Con dolore lo dico” - proseguiva il cardinale - “e se sembra una denuncia o un’offesa, mi perdonino, ma nella nostra regione ecclesiastica ci sono sacerdoti che non battezzano i figli delle madri non sposate perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio”. “Questi sono gli ipocriti di oggi”, sottolineava spiegando che una povera ragazza, che avrebbe potuto abortire, ha avuto invece il coraggio di mettere al mondo il bambino e va girando di parrocchia in parrocchia perché lo battezzino.

Gesù mostra che è dal cuore dell’uomo che nascono le cattive intenzioni, le fornicazioni, i furti, gli omicidi. “Clericalizzare la Chiesa è ipocrisia farisaica”, diceva l’arcivescovo di Buenos Aires sottolineando che il cammino insegnato da Gesù è quello di uscire a dare testimonianza, a interessarsi del fratello, a condividere, in una parola incarnarsi. “Contro lo gnosticismo ipocrita dei farisei”- affermava - Gesù torna a mostrarsi in mezzo alla gente, fra pubblicani e peccatori. Sebbene questo “’clericalismo’ fra virgolette” faccia male, anche “la mondanità è uno dei mali che tarla la nostra coscienza cristiana”. San Giacomo infatti esorta a non contaminarsi con il mondo. E lo spirito del mondo è “la mondanità spirituale”, che consiste nel fare quello che viene preso bene, essere come i più, in una parola una “borghesia dello spirito, degli orari, di stare bene, dello status: sono cristiano, sono consacrato, consacrata, sacerdote”. “Il peggior danno che può capitare alla Chiesa: cadere nella mondanità spirituale”, sottolineava il cardinale Bergoglio citando De Lubac. Un danno secondo lui ancora peggiore “di quello dei Papi libertini di un tempo”.

No dunque “al clericalismo ipocrita”. “No alla mondanità spirituale”, perché fare questo è dimostrare che uno è più un imprenditore che un uomo del Vangelo. Sì invece a camminare con il popolo di Dio, “alla tenerezza specialmente con i peccatori, con coloro che sono più lontani, e sapere che Dio vive in mezzo a loro”. Il cardinale auspicava che Dio “ci conceda” questa “grazia della vicinanza che – concludeva - ci salva da tutte le attitudini imprenditoriali, mondane, proselitiste, clericali, e ci avvicina al cammino di Lui”.





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